100 (Alegrias Calladas)

Mi sono appena ricordato che oggi avresti fatto 100 anni. E forse il regalo della consapevolezza e della conoscenza di me stesso, mi sta arrivando da te, effettivamente da te dovevo imparare l’amore per me stesso, e da te l’ho imparato in qualche modo misterioso.

Sono stato tanto fortunato ad averti accanto per 32 anni della mia vita 88 della tua. Ancora mi sorprendo a pensare di comporre il tuo numero di telefono per raccontarti le cose che mi succedono.

Vorrei mi vedessi adesso, anche se sto ancora attraversando il deserto e non sono nel mio momento di splendore maggiore, ma vorrei tu mi vedessi adesso perchè sono tanto più fragile e vero, mi manca sempre non raccontarti e non condividere con te le cose che mi succedono. Il tuo sguardo che non mi ha mai chiesto nulla e mi ha solo e sempre dato, il tuo sguardo l’ultima volta che ti ho vista in ospedale e mi hai salutato triste, sapendo che non ci saremmo più rivisti, tutta la dolcezza che mi hai regalato. Ecco Caterina, ( e ti chiamo per nome perchè non l’ho mai fatto) ti amo ed è bellissimo che io mi sia ricordato stamattina del tuo compleanno, così d’impulso senza pensarci.

No surprises

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E stasera un po me ne frego, mi sono messo al piano e questo è quello che è venuto fuori alla prima, imprecisioni, sbavature ed un pizzico di rabbia da sfogare. Mai suonata, ascoltata da diversi giorni, come fosse un taccuino per memorizzarla, un draft del cuore.

Il testo lo trovo adatto a me in questo momento, giornata faticosa, piena di trappole ed imprevisti, rientro con nuvole grandi e rabbiose verso pisa, un mantello nero su un cielo rosso. Ed una tempesta dentro.

A heart that’s full up like a landfill
A job that slowly kills you
Bruises that won’t heal
You look so tired, unhappy
Bring down the government
They don’t, they don’t speak for us
I’ll take a quiet life
A handshake of carbon monoxide

With no alarms and no surprises
No alarms and no surprises
No alarms and no surprises
Silent, silent

This is my final fit
My final bellyache

With no alarms and no surprises
No alarms and no surprises
No alarms and no surprises, please

Such a pretty house
And such a pretty garden

No alarms and no surprises
No alarms and no surprises
No alarms and no surprises, please

On Air: No suprises Radiohead, versione estemporanea

Di superfici e cambiamenti

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Perché vuoi sempre spiegare? Perché vuoi sempre scoprire che cosa c’è dietro? E più dietro ancora, sempre e solo dietro? Come sarebbe una vita limitata alla superficie? Serena? E sarebbe da disprezzare solo per questo? Forse c’è molto di più alla superficie – forse è tutto falso ciò che non è superficie, forse tu vivi ormai tra immagini illusorie, continuamente cangianti, non belle come gli dei, ma svuotate come quelle dei filosofi. Forse sarebbe meglio: tu allineeresti parole (giacché hanno da essere parole), ma ora sei sempre alla ricerca di un senso, come se ciò che tu scopri potesse dare al mondo un senso che il mondo non ha.

Elias Canetti – La rapidità dello spirito

Riflettevo sul perchè negli ultimi due mesi, stia attraversando un periodo di blocco nel suonare. Oggi l’esperienza è stata veramente frustrante, mi sono seduto, avevo un idea e non riuscivo a riconoscere l’idea.

Forse sono in cambiamento, forse il periodo mi rende iperanalitico, l’improvvisazione richiede che si riesca ad aggirare l’io cosciente, lasciando emergere la parte inconscia che usa tutte le risorse che ha a disposizione dimenticandosi di averle. Probabilmente sto analizzando ogni pensiero, lo guardo, cerco di capirlo ed andare dietro e collegarlo ad altri e non riesco ad aggirarmi, cerco di controllarmi.

E chissà se davvero questo volersi dare risposte sia davvero benefico, la superficie è davvero così male oppure alla fine viviamo sempre e comunque un eterna superficie? E forse la tremenda verità è che un senso non esiste, ognuno forse trova il suo, ma un senso vero non esiste.

E forse per riprendere a suonare dovrei semplicemente non giudicare quello che vien fuori, forse perchè è diverso, e gli equilibri nuovi sono duri da riconoscere e mantenere, e per me la musica è contatto con l’io profondo, e se quell’io profondo non esiste più nella forma che conoscevo, forse non riconosco quello che viene fuori. E quanti forse e chissà ci ho messo in queste parole, che quasi cancellerei tutto, per pudore, per incertezza.

La canzone di marinella

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Questa di Marinella è la storia vera
che scivolò nel fiume a primavera
ma il vento che la vide così bella
dal fiume la portò sopra a una stella

sola senza il ricordo di un dolore
vivevi senza il sogno di un amore
ma un re senza corona e senza scorta
bussò tre volte un giorno alla tua porta

bianco come la luna il suo cappello
come l’amore rosso il suo mantello
tu lo seguisti senza una ragione
come un ragazzo segue l’aquilone

e c’era il sole e avevi gli occhi belli
lui ti baciò le labbra ed i capelli
c’era la luna e avevi gli occhi stanchi
lui pose le sue mani sui tuoi fianchi

furono baci furono sorrisi
poi furono soltanto i fiordalisi
che videro con gli occhi delle stelle
fremere al vento e ai baci la tua pelle

dicono poi che mentre ritornavi
nel fiume chissà come scivolavi
e lui che non ti volle creder morta
bussò cent’anni ancora alla tua porta

questa è la tua canzone Marinella
che sei volata in cielo su una stella
e come tutte le più belle cose
vivesti solo un giorno , come le rose

e come tutte le più belle cose
vivesti solo un giorno come le rose.

Sono di poche parole oggi, ho provato a suonare ma non è venuto fuori niente di rilevante.

Lascio una versione di qualche anno fa live della canzone di marinella. Quella sera feci un viaggio, ad un certo punto perdendo proprio il controllo, e come spesso capita perdendo il controllo vengono fuori le cose migliori.
Io in questa canzone ho sempre sentito la rabbia e quel bussare cent’anni alla porta, ed uno strano magma indefinibile di sensazioni forse un gorgo nel fiume e poi la dolcezza.

On Air La canzone di marinella 24 Marzo 2011

It might as well be spring

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E ieri pioveva come se non ci fosse un domani, la sveglia precoce al suono della pioggia circondato dai gatti, sensazioni contrastanti, bene e male, male perchè bene, bene perchè si muovono cose.

In mezzo alla nebbia rivedere qualcosa, risentire qualcosa, e mancanza.

E oggi c’è  solo come se non ci fosse ieri, anticipo di primavera, luci serali, luci ritardate, e aria buona, e amici a cena. E cucino, faccio la pasta fatta in casa, la cura nella scelta del vino, il pesce buono, mi piace avere amici a cena, sono pezzi di vita, pezzi di una vita che a volte temo di non avere più. Bene e male, ancora fitte improvvise, luci improvvise. Alti e bassi, aspetti diversi della stessa moneta.

Anticipi di primavera, senza un domani e senza ieri. Sto qui contemplo come dall’esterno le cose, che gran cumulo di pietre da rimuovere. E stasera ci cucino e ci bevo su, senza ieri e senza domani.

On Air solo lui ci può stare il suo piano malinconico e nostalgico.

 

Falling in love again

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«Ogni qualvolta parliamo di noi e del nostro mondo, il mondo rimane sempre come dovrebbe essere. Con questo nostro dialogo lo rinnoviamo, gli infondiamo vita, lo puntelliamo. Non solo: è mentre parliamo a noi stessi che scegliamo le nostre strade. Ripetiamo quindi le stesse scelte fino al giorno della morte, perché fino a quel giorno continuiamo a ripeterci le stesse cose. Un Guerriero è consapevole di questo atteggiamento e si sforza di fermare il suo dialogo interiore. Questa è l’ultima cosa che devi sapere se vuoi vivere come un Guerriero.»
«Innanzitutto devi usare le orecchie per togliere agli occhi una minima parte del loro fardello. Dal momento in cui siamo nati usiamo i nostri occhi per giudicare il mondo. Parliamo agli altri e a noi stessi principalmente di ciò che vediamo. Un Guerriero ne è consapevole e ascolta il mondo; ascolta i suoni del mondo

Carlos Castaneda : Una realtà separata

La trovo così vicina a me questa cosa, da piccolo provavo a suonare ad occhi chiusi, avevo la netta percezione che dovessi togliere agli occhi una parte del loro fardello per poter suonare bene. Mi piace sapere che qualcuno l’abbia scritto così bene. Io lo sentivo. Il mio senso prediletto è l’udito, guardo con l’udito, apprendo con l’udito, faccio l’amore con l’udito. E’ sempre stato così, quando qualche anno fa ebbi uno strano abbassamento dell’udito con acufeni, ebbi panico, panico vero, togliere l’udito a me sarebbe togliere tutto.

Il dialogo interiore è una trappola a volte, se ci ripetiamo le stesse cose, se le elaboriamo forse anche ascoltandole, non lasciandole vivere di inconsistenza, le cose prendono un suono ed una realtà. Confessare quello che si è davvero, non aver pudore, lasciar uscire le parole.

Pioggia stamattina, caffè lungo, una gatta affettuosa che si affaccia col suo musino oltre le coperte, qualche pensiero confortevole, e non è forse vita bella questa? Ed uno strano ricordo che appare dal passato, non per caso certo, perchè mi riporta ad un concerto bellissimo nel 1996 a Perugia, Keith Jarrett e per strade del tutto casuali (apparentemente casuali) mi fa ricordare quel bellissimo tema dell’angelo azzurro, che fortunatamente avevo registrato, in preda a chissà quale presentimento.

E le sensazioni di un sogno, prima del risveglio, una strana processione su un lungarno inesistente a Firenze, animali stranissimi, andini forse insieme ad una strana folla di umani ed in mezzo a questo mare di persone riconoscerti, ancora, senza dolore.

Mi riapproprio dei miei spazi, del mio essere forse per la prima volta, avrò ricadute, momenti di disperazione, sono fatto così grande luce e grande ombra, però ascolto e sono un guerriero, ascolto i suoni del mondo. Parlo di quello che ascolto e sento, non di quello che vedo.

Falling in love again
Never wanted to
What am I to do?
Can’t help it

Love’s always been my game
Play it how I may
I was made that way
Can’t help it

Men cluster to me like moths around a flame
And if their wings burn, I know I’m not to blame

Falling in love again
Never wanted to
What am I to do?
Can’t help it

Fallin’ in love again
Never wanted to
What am I to do?
Can’t help it

Love’s always been my game
Play it how I may
I was made that way
Can’t help it

Men cluster to me like moths around a flame
And if their wings burn, I know I’m not to blame

Fallin’ in love again
Never wanted to
What am I to do?
Can’t help it

Men cluster to me like moths around a flame
And if their wings burn, I know I’m not to blame

Fallin’ in love again
Never wanted to
What am I to do?
Can’t help it

On Air : Keith Jarrett Perugia 1996 Falling in love again theme from Angelo Azzurro.

Io me lo ricordo quello che ascoltai quella sera, circondato di amore e felicità, quando partì con quel tema, tutto quello che avevo ascoltato fino a quel momento cambiò. I ricordi, non arrivano a caso.

Ed io dovevo dirtelo

Oggi è una giornata no. Viaggio, probabilmente il viaggio peggiora le sensazioni, forse perchè amplifica la solitudine, non lo so ci penserò. Per ora viaggio, cielo grigio, pensieri ricorrenti.

Non è rimasto niente di quel mondo tenero
dannatamente tenero
e fastidioso
incredibile
fatale.
Solo piccoli ricordi
e noi due
noi due non ancora danneggiati dal futuro.
Io rimpiango tutto quello che non ci siamo fatti
tutto quello che vorrei farti ora
anche se oggi
cerco di dimenticarti,
Tu non sai quante volte ho cercato di rinunciare a te
ma poi non ci riesco
nonostante tutto questo
non ci riesco
ancora no.
Mi basta che tu mi dica qualcosa
che tu mi regali un dettaglio
ed io torno a credere in te riesco a credere anche nella vita
pur non vivendo affatto.
Tutto questo lo devo a te
capisci.
Ed io dovevo dirtelo.

Emidio Paolucci – Ed io dovevo dirtelo

Dovevo dirtelo ma non mi hai permesso di farlo.

Que serà

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Mi è capitato spesso di  parlare con persone che attribuiscono al termine “umano” una connotazione negativa o meglio più che negativa assolutoria.

Eh scusa sono umano/a, sono troppo umano per provare un sentimento nobile come il perdono, non è una scelta che un umano può fare.

Trovo che queste affermazioni siano alibi, grazie al cielo gli umani sono capaci di fare cose incredibili (nel bene e nel male intendiamoci), ma non è l’attributo umano che caratterizza la capacità o meno di fare una cosa nobile.

Leggevo tempo fa un libro sulle scelte, La tirannia delle scelte di Renata Saleci, filosofa di stampo lacaniano, non sto a discutere sul libro che è fantastico e rappresenta quanto sia sopravvalutata la scelta nella nostra società odierna. C’era un passo che riporto

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Ed è vero non sempre gli esseri umani agiscono nel loro migliore interesse, e questo vale per le scelte che vanno a bene della collettività o per scelte che il nostro inconscio ci spinge a fare anche contro il nostro migliore interesse.
E quindi è umano tutto, provare sentimenti nobili, come l’amore disinteressato per il prossimo o uno sconosciuto, è umano progettare stermini di massa contro il bene di altri ignari ed innocenti esseri umani.

Siamo umani e la nostra capacità di stupire noi stessi e gli altri con gesti e produzioni nobili o ignobili è illimitata, ma per piacere non usiamo il termine umano per giustificare una scelta. Se scelgo di non amare, se scelgo di non perdonare non è perchè sono umano, ma perchè sento di dover fare quella scelta che è altrettanto umana come l’opposta. Alcune scelte sono più difficili di altre ma altrettanto umane. Ognuno di noi ed ovviamente anche io nel mio piccolo ho fatto nella mia vita cose nobili e cose ignobili entrambe umane, e semplicemente da accettare e non giudicare.

Per accompagnare questo post mi sembrava adeguato Que Sera, in una versione improvvisata per gli studenti dell’accademia d’arte. Loro disegnavano sulla mia musica, anche in quel caso ogni umanità percepiva cose completamente diverse. E davvero che cosa sarà che ci rende così umani nel bene e nel male, i poeti brasiliani, colpiscono sempre nel segno. Che cosa sarà che ci fa perdonare? Forse proprio l’accettazione dell’umanità dell’altro e la grandezza della nostra.

 

Il sospiro dell’universo

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“Avrei voluto pensare alla musica come fosse un gesto magnanimo, un regalo del buon Dio nei sette giorni della genesi: la musica frutto della creazione, assieme agli animali, alle piante, al sole, alla luna, alle stelle. Se c’e’ un buon motivo per pensare che Dio non esiste, e’ in questo universo muto, profondo insopportabile. Da bambino guardavo le stelle e non solo pensavo che erano belle, che riempivano di luccichii tutta la volta del cielo e pensavo a quelle palle di fuoco lontane miliardi di chilometri, mute senza suono….

…Si, era meglio che un Dio esistesse, e fosse come una voce, meglio una nota magari grave, che interrompeva per qualche secondo quell’eterno universo muto, quel silenzio siderale. Oggi comincio a credere a un Dio che sta da qualche parte, me lo hanno insegnato gli astrofisici, ultimi sacerdoti di questo fine millennio: mi hanno fatto sapere che esiste un suono dell’universo, un rumore di fondo”

(Roberto Cotroneo Presto con fuoco)

Si da piccolo fissavo il cielo, forse cercavo conferme dell’esistenza di Dio in quella distesa di luci infinita. Se un Dio esiste non può lasciare il suo universo senza suoni.  Ed infatti sembra che l’universo abbia un suo suono, un ruggito primordiale isotropo che si irradia in tutte le direzioni, riscaldando il freddo ed il vuoto dell’universo. A cosa rassomiglia il suono dell’universo, ad una nota sola lunga, sostenuta, oppure meglio ad un magnifico accordo, oppure ad una serie dodecafonica, di quelle che popolavano la Notte trasfigurata di Schoenberg, oppure semplicemente le simmetrie isotrope di bach.

“Avevo sempre cercato una consonanza tra pianeti e musica, tra il mio universo interiore e quello vero, quello che stava fuori di me. Quel libro prezioso era arrivato tardi, in un periodo della mia vita successivo quando credevo di aver risolto molte delle mie inquietudini. Mi sono pero’ sempre chiesto quando mi accostavo al pianoforte, dove finissero le onde musicali che il mio strumento produceva, se la grande musica aveva il potere di cambiare l’ordine dell’universo, le architetture che aveva predisposto il grande artefice, in una parola se potevo influire sul rumore dell’universo”

Ascoltare un accordo fisso , continuare a suonarlo per sentirlo , imparare ad ascoltare, cogliere le sfumature e’ un esercizio che ho fatto spesso. Anche per ore, un accordo, uno dei miei accordi preferiti, un mi semidiminuito, semi diminuito, diminuito ma non troppo, triste ma non troppo, gentile ma un po triste, in movimento con un po di malinconia, alla ricerca magari di un bel la nona aumentata dietro che riesca a mitigare la sua malinconia, e da un re minore che esalti quella malinconia.

Esercizio interiore ripetere una sequenza, ti aiuta a sentire e cogliere le sfumature, ascoltare gli armonici, vedere quello che c’e’ dietro le tensioni, le risoluzioni e ti porta in uno stato magnetico di rapimento della coscienza, la terapia del suono, la ripetitivita’ del suono.

L’armonia dell’universo come suono e’ un concetto che i saggi greci, i pitagorici gia’ conoscevano, non abbiamo scoperto nulla, la nostra fisica ha confermato quello che era nella mente di Pitagora, il suono delle sfere celesti, il movimento delle sfere celesti produceva un bellissimo suono chiamato “L’armonia delle sfere celesti”, suoni non percepibili fisicamente dalle nostre orecchie o che abbiamo dimenticato come si percepiscono.
Quanto era bella, moderna, romantica e vera questa visione di Pitagora, non sappiamo piu’ riconoscere l’armonia, il suono primordiale dell’universo, non sappiamo piu’ sentirci parte del tutto, non sappiamo piu’ farci pervadere dal rumore di fondo del nostro universo, presi come siamo a costruire ad affannarci ad inquinare di pensieri rumorosi la vita primordiale che ci circonda e ci avvolge. Non sappiamo ascoltare, non sappiamo leggere nelle cose, nei suoni, nell’armonia che pure ci circonda per la nostra disperata anisotropia, disarmonia. Voglio imparare ad ascoltare il sospiro dell’universo, lo desidero e’ la mia nostalgia dell’infinito.

“Ma dovetti soccombere, non potevo che accettare che il contrario, lasciare che la musica fosse incurante del mondo e delle sue analogie. Come scrive Schopenauer, la musica non si assimila mai alla materia. I miei pianeti avrebbero dovuto continuare a girare senza i miei accordi, i miei do diesis ed i miei sol maggiore, o meglio quelli dei compositori che sceglievo per avere un’idea plausibile del mondo….
.. Non so se Dio e’ un accordo di do diesis settima maggiore, so pero’ che l’armonia del mondo e’ solo una pallida imitazione dell’armonia musicale.

On Air Ballata 4 Chopin con la coda Presto con fuoco, calligrafia delle passioni. Il finale tremendo fuoco di passione, introdotto da 5 accordi magici sospesi e poi la passione travolge tutto.

Genesi Parte II

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Avevo scritto un paio di mesi fa un post sulla genesi di questo blog e di queste mie sensazioni inerenti la perdita. Il fulcro intorno a cui la mia orbita si svolge è la perdita. E forse la perdita è il fulcro della vita.

Ovviamente la storia è più complessa.

Avevo parlato della perdita originaria, la perdita che non sono ancora in grado di lasciare andare (e forse non sarò mai in grado di farlo) e con questa la difficoltà che accompagna qualsiasi altra perdita abbia affrontato negli anni successivi.

Vado un po indietro ed un po avanti in modalità flusso di coscienza.

Sono sempre stato predisposto ad una visione del mondo piena di spleen, non è una cosa che è successa di botto, anche da piccolo ero un bimbo introverso.
Ricordo che intorno ai 4/5 anni passavo le serate alla finestra a guardare la luna e gridavo “voiooo luna”. Provo una grande tenerezza per quel bambino sognatore è come se lo portassi dentro di me e ne fossi diventato il genitore, il fratello e paradossalmente anche il figlio.

Sono sempre stato un sognatore, con la visione del mondo filtrata da questi ideali romantici ed un po malinconici. Di esempi ne potrei fare tantissimi  e non è un caso che abbia trovato libri e musica come compagni, specialmente nelle declinazioni romantiche, quelli che ti strappano l’anima di desiderio e nostalgia di infinito.

La genesi vera probabilmente è questa, una sensibilità spiccata per un bello ideale, proiettato dall’arte. E con quella luna mi fissai che volevo studiare Astronomia, che volevo conoscere gli astri. In un certo senso l’apparente fissità immutevole del cielo mi confortava. Per vie un po tortuose ci sarei arrivato, ma alla fine il cielo l’ho studiato per capire che il cielo vero è dentro di noi, quello fuori è talmente incredibile, che da solo dovrebbe convincerci di quanto piccini siamo e di quanto le nostre perdite siano parte di un equilibrio davvero troppo grande per un cervello umano.

Per la musica, sin da piccolo ero attratto dalla musica, il nonno di cui ho parlato e lo zio pianista (un fratello anche come differenza di età ci passavamo circa 20 anni) hanno facilitato questa propensione. Avevo un piano in casa, avevo lo zio che frequentava gruppi di musicisti e lo faceva di lavoro.
Lo aspettavo spesso sveglio al ritorno dalle sue serate, e mi raccontava cose, si parlava di musica, a volte si giocava ai videogiochi di notte, mi leggeva dei libri.

Lui e’ stato fratello, padre, amico, maestro di quel bambino. Tante cose ho imparato da lui, l’approccio alla musica, l’approccio all’improvvisazione, ed una certa visione della vita. Se sono l’uomo che sono, una buona parte è merito suo.
Andò via da Taranto per cercare fortuna nella musica quando io stavo per finire il liceo, praticamente in parallelo con la mia partenza per l’università.

Lui approdò in Liguria a 40 anni, io approdai in Toscana a 18.

Ci sentivamo spesso, al telefono, di notte, a volte lo sentivo strano, triste, aveva una gatta Seven, e prestò trovò anche una compagna.

Andavo a trovarlo in Liguria spesso nei fine settimana, per raccontargli delle mie esperienze musicali, dei miei studi, delle mie rinnovate conoscenze informatiche.
Come raccontavo nel primo post Genesi, la morte di Marianna, ci spiazzò, mi rase al suolo, io so benissimo dentro di me che c’e’ stato un prima e un dopo quel maledetto giorno di settembre.

Nel dopo l’unica persona con cui parlassi era lui, se con la mia famiglia quel dolore ci ha definitivamente allontanati, con lui ci unì ancora di più. Io mi sentivo in colpa per non aver avuto il coraggio di andare al funerale, di andare la cimitero, per non averla voluta vedere morta, e lui mi diceva : “alle volte bisogna usare gli occhiali da sole”.
Dopo la morte di mia sorella il mio corpo mi mandò subito segnali di pericolo, mi ammalai ripetutamente alla gola (le cose non dette?), e lui pazientemente mi “curava” l’anima più che il corpo.

Lo andai a trovare un paio di anni dopo la morte di mia sorella si era appena separato dalla sua compagna e viveva come un eremita, in una casetta sopra Finale Ligure, di quell’incontro solo io ho memoria, non ne ho mai parlato con nessuno, viveva in uno stato di abbandono molto forte, ebbi una brutta impressione, non c’erano vetri alle finestre, dormimmo nel freddo della notte, parlammo come sempre, bevemmo, discutemmo di musica e anima, di libri e poi io tornai a Pisa devastato nell’anima, sentivo che anche in lui si era rotto qualcosa.

Chissà cosa, il destino beffardo mi avrebbe impedito di capirlo, ricordo solo una telefonata di qualche giorno dopo nella notte con lui che mi diceva: “non fare come me, studia”.

Solo pochi mesi dopo mentre facevo il servizio civile, si ammalò di una grave forma di tumore cerebrale, che lo ha preso nella sua parte più preziosa e più bella, in appena 4 mesi si spense, perdendo la coscienza delle cose. Se la morte di mia sorella era stata tremenda per la perdita improvvisa nel caso di mio zio era stata tremenda perchè amavo il suo cervello ed il suo cervello non esisteva più.

Tentai di tutto da solo, San Raffaele, in giro per l’italia, ma di tempo non ne restava. Una mattina mentre ero a letto alle 5 squillò il telefono e sapevo cosa significava. Quella volta non riuscii a piangere nemmeno una lacrima il dolore che avevo ancora addosso non mi permetteva di farlo. Erano passati solo 2 anni e mezzo dalla prima perdita e mi trovavo a perdere un’altro fratello.

Quell’evento ha chiuso completamente i canali verso la mia famiglia, ed acuito quella mancanza di casa che mi segue da allora. Ed ha generato in rimbalzo dal primo evento una serie di eventi che hanno radicalmente modificato la mia vita. Ora ho capito che non c’e’ un bene ed un male, semplicemente la traiettoria è cambiata, non c’è una traiettoria giusta ed una sbagliata.

Purtroppo non era finita, ma di questo parlerò più avanti. Maxine e Donald Fagen me li aveva fatti conoscere lui dopo la trasmissione di rai stereo notte, ne parlammo, mi raccontò un sacco di cose, mi permise di scoprire altre cose.

Ecco perchè è un pezzo del mio cuore.

On Air : una mia vecchia versione di guarda che luna.