Tore down house

Sveglia alle 5.30, doccia veloce, solita strada, musica a palla. A volte il blues quando è come questo, raffinato e arrabbiato, fa il suo mestiere. Fuck

Darlin’, everything I knew and loved was lost

They tore down my old house baby
Ain’t nothin’, nothin’ but a patch of land
They tore down my old house baby
Ain’t nothin’, nothin’ but a patch of land

And you know all that’s left baby
Is some letters in the mailbox
Lying in the sand

Gotta change o’ address baby
Long and far away
Gotta change o’ address baby
Long and so far away

Well you know I had to leave you
No matter what the cost
Darlin’, everything I knew and loved was lost

Silencio

Del senso di colpa, del senso di panico, del silenzio, ciascuno cerca a modo suo di guarire. Alcuni vanno a fare viaggi. Nell’ansia di veder paesi nuovi, gente diversa, c’è la speranza di lasciare dietro a sé i propri torbidi fantasmi; c’è la segreta speranza di scoprire in qualche punto della terra la persona che potrà parlare con noi. Alcuni s’ubriacano, per dimenticare i propri torbidi fantasmi e parlare. E ci sono poi tutte le cose che si fanno per non dover parlare: alcuni passano le serate addormentati in una sala di proiezioni, con al fianco la donna alla quale, così, non sono tenuti a dover parlare; alcuni imparano a giocare a bridge; alcuni fanno l’amore, che si può fare anche senza parole. Di solito si dice che queste cose si fanno per ingannare il tempo: in verità si fanno per ingannare il silenzio.

[da: “Silenzio”] – Natalia Ginzburg

Se devo dire la verità, e forse devo dirmela, non mi sento tanto in forma. Ci sono mattine come queste in cui mi sveglio in preda ad una sensazione di silenzio, vuoto, forse la definirei proprio angoscia.

Il tempo sembra scorrere senza significato, nemmeno la mia faccia allo specchio mi dice qualcosa, il percorso verso il lavoro, le inutili telefonate di lavoro, con le solite menate che cambiano attore ma mai contenuto.

L’ufficio, il caffè, i pensieri che scaccio in continuazione ma ogni tanto riescono a rientrare, basta un particolare, un odore.

Cerco di ingannare il mio silenzio, ma non sono bravo ad ingannare nemmeno me stesso sono bravo ad ingannare. Cerchi, maledetti cerchi, vivo in una circoferenza eterna, orbitando attorno a qualcosa che non riesco a sbrogliare.

E niente oggi va così, fuori fa caldo e c’è il sole ma dentro è dicembre e piove.

Duermen en mi jardín
Las blancas azucenas, los nardos y las rosas
Mi alma muy triste y pesarosa
A las flores quiere ocultar su amargo dolor

Yo no quiero que las flores sepan
Los tormentos que me da la vida
Si supieran lo que estoy sufriendo
Por mis penas llorarían también

Silencio, que están durmiendo
Los nardos y las azucenas
No quiero que sepan mis penas
Porque si me ven llorando morirán

Silencio
(Silencio)
Que están durmiendo
(Que están durmiendo)
Los nardos
(Los nardos)
Y las azucenas
No quiero que sepan mis penas
Porque si me ven llorando morirán
Porque si me ven llorando morirán

Canções e Momentos

“…l’attimo di immobilità del violinista quando appoggia l’archetto sulle corde, prima di cominciare a suonare; l’immobilità del sole che ha raggiunto lo zenit, prima di iniziare la discesa; un’immobilità che voglio far durare ancora un po’. E prometto solennemente a me stesso: «Voglio ricordare per tutta la vita la bellezza di questo momento».”
Costantino Nivola, da “Memorie di Orani”

Penso che la maggior parte dei problemi nella vita, non solo nelle relazioni di coppia, nascano dalle aspettative.

Ne ho parlato tante volte, ma questa volta la sento proprio mia. Sapersi godere il momento è fondamentale per saper essere felici. Sapersi godere il momento significa considerare che solo quel momento esiste, non esiste il prima e non esiste un dopo.

Quel momento di bellezza, la sospensione dell’archetto è il trucco.

La scorsa sera su una panchina qualsiasi di una città qualsiasi di una sera qualsiasi ho fotografato il momento, per farlo durare ancora un pò, artificio contabile, per non lasciarlo proprio nel limbo del presente. E poi ricordarlo come un momento, in cui c’era poco altro dentro e fuori. Sospensione del giudizio e del pensiero.

La felicità è fatta di momenti piccoli, lontani dalle aspettative, lontani dall’aspettarsi qualcosa che arriva inaspettata e che tu riesci a far durare per un attimo senza preoccuparti di quello che viene dopo.

Há canções e há momentos
Eu não sei como explicar
Em que a voz é um instrumento
Que eu não posso controlar
Ela vai ao infinito
Ela amarra todos nós
E é um só sentimento
Na platéia e na voz
Há canções e há momentos
Em que a voz vem da raiz
Eu não sei se quando triste
Ou se quando sou feliz
Eu só sei que há momentos
Que se casa com canção
De fazer tal casamento
Vive a minha profissão

 

 

Tokyo Encore

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Questo brano è una delle cose più belle mai suonate da un essere umano. Questi concerti del 76 rappresentano una delle vette più alte di improvvisazione nel jazz. Il primo ascolto l’ho fatto quando ero ancora piccolo, un vero colpo al cuore ascoltare questo cofanetto di meraviglia, denso e profondo a volte troppo, ed a volte dolcemente malinconico come questo meraviglioso encore di tokyo. Un susseguirsi di paesaggi sonori, profumi, riflessioni.

Quando ascolti cose come queste stride ancora di più la visione e la vita in cui ti trovi immerso quotidianamente. Come può essere che in un mondo dove esiste queste bellezza esista il degrado, la violenza, il dolore che ci circonda e che spesso facciamo finta di non vedere? Non ho risposta, forse per me questa è la prova dell’esistenza della bellezza, in un mondo che è capace anche di generare quest’arte, deve esistere una ragione, anche quando la ragione dice che ragione non c’è.

Io credo che sia molto alla lontana ispirato al preludio BWV999 di Bach in Do minore, ma certamente quello che fa Jarrett è fuori da ogni schema, è semplice e pura bellezza istantanea, è come se la musica esistesse a prescindere da lui e fluisse pura e libera.

Il Do minore è una tonalità devastante, mi porta in uno stato mentale di nostalgia e malinconia. Oggi in macchina ho ascoltato una versione dell’improvvisazione di Keith Jarrett fatta da Bobby McFerrin che non conoscevo (sublime) e dopo 10 secondi piangevo come succede ogni santa volta che ascolto questo brano.

Io lascio tutte e tre le cose. La meraviglia di Keith Jarrett, la rivisitazione di Bobby McFerrin solo voce e il preludio di Bach,

Il mio piu’ profondo desiderio
sarebbe di morire
il secondo mese dell’anno
un giorno di luna piena
sotto i ciliegi in fiore
(Detto Zen)

Joik

saami

Credo fermamente che la musica abbia poteri curativi e di introspezione. In occidente abbiamo perso questa dimensione spontanea ed interiore della musica, abbiamo subito una globalizzazione della musica, perdendo le radici popolari, arcaiche e curative che la musica può regalarci.

Ci sono però angoli ancora incontaminati in Europa e nel mondo, ed io sono fatto così devo scoprirli, approfondirli e farli entrare dentro di me.

Il Joik è una forma di canto popolare tradizionale della cultura Saami. Si pensa che sia una delle forme di canto e di espressione artistica più antiche in Europa.
E’  profondamente intriso di significati religiosi e sociali, come ormai la nostra musica occidentale non sa più fare, orientata solo al piacere edonistico, al riempimento del vuoto. La nostra musica almeno in forma esplicita, ha  completamente perso il potere “curativo” e sciamanico che pure esisteva nelle varie forme di rito musicale popolare.

Proprio per questo motivo la musica joik, fu ostacolata in tutti i modi dai missionari cristiani, in particolar modo i tamburi saami furono distrutti per la maggior parte, i pochi rimanenti sono conservati in giro per il mondo in musei. E’ una forma cantata con poche liriche, solo canto e può variare da forme melodiche fino a simulare canti di uccelli.

La cosa meravigliosa, che mi emoziona e mi stupisce, è che ogni saami possiede un suo personale joik composto alla nascita ed essendo il popolo saami in profonda armonica con la natura, quella con la N maiuscola del profondo Nord, anche ogni animale ed ogni posto possiedono un proprio joik assolutamente indistinguibile da quello di un essere umano, a testimonianza del rapporto di uguaglianza che questo popolo ha stabilito con tutto quello che e’ natura.

Altra caratteristica particolare dello Joik è che sia virtualmente impossibile riprodurlo nello stesso modo, lo joiker in base al proprio umore che si riflette nell’esecuzione può variarne il tempo e la tonalità, rendendo virtualmente impossibile un’accompagnamento musicale armonico nell’accezione occidentale, stessa sorte ha il concetto di linearità del brano, che non esiste, niente inizio e niente fine, solo uno svolgimento spiraleggiante con un forte potere di trans e sciamanico.

Le generazioni moderne Saami, anche nelle declinazioni jazz, rock, pop di questa meravigliosa forma di canto, riescono a riprodurre il potere ipnotico e sciamanico della musica. Gli esponenti di maggior spicco attualmente sono la cantante Mari Boine, il sassofonista Jan Garbarek la cui voce ormai inconfondibile di sax è  profondamente legata al canto joik, un gruppo assolutamente inclassificabile come i Transjoik, che fanno con la voce delle cose veramente inquietanti ed arcane, che riescono ad entrare profondamente nell’ascoltatore recuperando quel potere salvifico e curativo del canto.

La musica è molto più che un sottofondo da ascoltare mentre si fa altro, la musica è forma di comunicazione sociale, interiore, da recuperare se vogliamo avere un mondo più in armonia con la natura, ed essere noi in armonia con il nostro io e con le persone intorno.

On Air: Mari Boine – Gumpett Holvot (The Wolves Howl)

 

L’estetica della semplicità

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Avevo parlato di estetica dell’imperfezione, di estetica della perfezione, qui si parla di estetica della semplicità. Possono un basso africano ed un visionario della voce jazz, creare bellezza con semplicità. La voce di Richard Bona è ancestrale, pianure africane, il basso suonato come una Kora del Mali, e la voce di Bobby McFerrin a disegnare panorami sonori.

Ecco questa è l’estetica della semplicità, niente effetti speciali, vera ossatura della musica, improvvisata, sentita, etnica e del cuore.

Oggi va così, la bellezza spesso è racchiusa nella semplicità. Anche se le cose semplici spesso sono terribilmente complesse e la bravura dei grandi è rendere semplici le cose complesse.

Buona notte

The foggy dew

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“Dedicata ad un sogno”

La nebbia ha accompagnato una bella parte della mia vita. La nebbia tutto sommato non è male, protegge, ovatta, rende invisibili le cose che ci sono intorno, e se non sei in grado di vederle ti protegge in un certo senso.

Ovvio che quando sei nella nebbia, può capitare all’improvviso di entrare in collisione con qualcosa, e quella collisione può all’improvviso diradare la nebbia, oppure entrare in una galleria che quella nebbia la rompe.

Viaggio tanto, spesso sulla Cisa, li tra pontremoli e borgotaro, spesso c’è la nebbia e funziona così all’improvviso imbocchi una galleria e prima c’era nebbia all’improvviso tutto si apre, dopo la galleria.

Io ho attraversato nebbia, galleria ed ora mi ritrovo in una valle con un tempo variabile, ci sono nuvole, a volte nebbia che si dirada a volte sole.

Non riconosco le cose bene e non riconosco me, che ascoltarti nella nebbia ti cambia il punto di vista. Ho fatto delle foto questo fine settimana e stranamente, avevo un volto a volte addirittura sorridente, non lo ricordavo più e nemmeno mi sono dovuto sforzare più di tanto.

Parlo tantissimo, ho perdonato chi dovevo perdonare, ma realmente, non come modo di dire, riesco a vedere gli automatismi dannosi in ogni relazione. Sensi di colpa, forma di egoismo supremo, insicurezze e mancanza di comunicazione, accettazione dei miei lati più oscuri e spontaneità.

I risultati si vedono, cambiando i paradigmi della comunicazione, cambiano le cose che succedono, i risultati li vedo, e non sono piccoli. Continuo a lavorare duramente su me stesso, il dolore quello violento è dietro, rimane un sottofondo continuo di dolore, ma non interferisce con il mio percorso.

Si cambia.

 

Andata

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Tramonto Palaia (Pi) 21 Maggio

Ci sono momenti inspiegabili, punti in cui la materia si congiunge all’anima, in cui si viene pervasi dalla bellezza che esiste intorno, in maniera completamente indipendente da noi.

A volte l’intuito e l’istinto sono ferocemente superiori alla ragione ed all’intelletto, e la ragione e l’intelletto sono un sistema per mettere dei limiti al proprio sentire.

Ogni impulso che cerchiamo di soffocare fermenta nella nostra mente e ci avvelena. Il corpo pecca una volta sola e supera subito il peccato, perché l’azione è un modo di purificarsi. Allora non rimane più nulla, salvo il ricordo del piacere, o il lusso di un rimpianto. L’unico modo di liberarsi di una tentazione è abbandonarvisi. Resisti e la tua anima si ammalerà del desiderio delle cose che si è proibite, di passione per ciò che le sue stesse mostruose leggi hanno reso mostruoso e illegale.

__ Oscar Wilde – “Il ritratto di Dorian Gray” __

E forse è vero, l’azione, il vivere è il solo modo per non ammalarsi di rimpianti, e troppo spesso viviamo in consuetudini mostruose che rendono mostruoso ciò che è semplicemente bello.

Nell’ultimo disco di Sakamoto c’è la bellezza di questo tramonto e delle cose semplici, la stessa bellezza del dio di bach.

 

Começar de Novo

L’unica ossessione che vogliono tutti: l’amore.
Cosa crede, la gente, che basti innamorarsi per sentirsi completi? La platonica unione delle anime? Io la penso diversamente. Io credo che tu sia completo prima di cominciare. E l’amore ti spezza. Tu sei intero, e poi ti apri in due. Quella ragazza era un corpo estraneo introdotto nella tua interezza. E per un anno e mezzo tu hai lottato per incorporarlo. Ma non sarai mai intero finché non l’avrai espulso. O te ne sbarazzi o lo incorpori con un’autodistorsione. Ed è quello che hai fatto e che ti ha ridotto alla disperazione

Philip Roth L’animale Morente

Effettivamente a volte penso sia proprio così, siamo completi e l’amore o almeno il falso amore ci spezza. Il vero amore non vede l’altro come un estensione di sè, ma come un’altra persona con la sua individualità.

Ci sono frasi che gli innamorati dicono che sono tremende. “Ti amo da morire”, “Ti amerò per sempre”. La cosa buffa è che queste frasi sono tutte incentrate sul sè non sull’altro. Ci sono io, tu non ci sei, sei solo una proiezione del mio io. Poi associare il morire con l’amore, ecco non è proprio un immagine costruttiva.

La cosa curiosa infatti è che le persone che hanno usato con me maggiormente queste parole, sono anche quelle che le hanno rinnegate con più forza. Dal per sempre, al niente.

Certo che sono arrivato al punto in cui ho capito davvero che le tribolazioni romantiche sono abbastanza lontane dal vero amore, non che il romanticismo sia male, anzi, un sano romanticismo fatto di calore, vicinanza, tenerezza, atmosfera, e anche emozione vera è sano, intendo il romanticismo che vede nell’amore disperato il vero amore. Siamo bombardati da piccoli con questa idea dell’amore romantico, disperato che se a volte non troviamo questo senso di disperazione nell’amore non lo reputiamo tale.

E per tornare interi, bisogna espellere l’altro che era entrato nel proprio vuoto, quel vuoto che esisteva e faceva paura e per cui abbiamo permesso all’altro di entrare, una volta che è stato riempito e svuotato, quel vuoto va colmato da noi stessi per ritornare interi e riprendere davvero ad amare.

Avevo gia’ postato questa canzone, non in questa versione con la magia al piano di Gonzalo Rubalcaba, ma non riesco a trovare una canzone migliore che accompagni questo sproloquio.

Começar de novo
E contar comigo
Vai valer a pena
Ter amanhecido

Ter me rebelado
Ter me debatido
Ter me machucado
Ter sobrevivido
Ter virado a mesa
Ter me conhecido

Ter virado o barco
Ter me socorrido

Começar de novo
E contar comigo
Vai valer a pena
Ter amanhecido

Sem as tuas garras
Sempre tão seguras
Sem o teu fantasma
Sem tua moldura
Sem tuas escoras
Sem o teu domínio
Sem tuas esporas
Sem o teu fascínio

Começar de novo
E contar comigo
Vai valer a pena
Ter amanhecido

Sem as tuas garras
Sempre tão seguras
Sem o teu fantasma
Sem tua moldura
Sem tuas escoras
Sem o teu domínio
Sem tuas esporas
Sem o teu fascínio

Começar de novo
E contar comigo
Vai valer a pena
Já ter te esquecido

 

Here’s to life

Ieri sera nonostante fossi distrutto da 3 giorni di viaggi e spostamenti e fossi rientrato da Roma alle 18, ho invitato un amico a casa. Un amico che non sta passando un bel periodo, e la stanchezza è svanita in un secondo, preparando la cena (reginette pesto di fave e gamberi, salmone alla paprika affumicata e pepe di sichuan con insalatina di mango avocado), tra colori del tramonto, bellezze rassicuranti feline che mi circondavano, la musica di Shirley Horn in sottofondo, un aria di tarda primavera che entrava dalla finestra. A volte la felicità è fatta di tanti piccoli comuni pezzettini.